di Alessandro Barbati

Rimbalzano sul web le parole di Charlie Stillitano, manager statunitense che ha parlato al Corriere dello Sport.

Quasi tutti i siti, che trattano di Fiorentina quotidianamente, hanno riportato queste simpatiche parole:

“E’ il campionato di Cristiano Ronaldo. Qualcuno sta pensando di investire. I club più appetitbili sono Roma e Fiorentina – dice Stillitano -,perché rappresentano due città uniche al mondo e conosciute da tutti.  La Fiorentina ha la maglia viola, mi piace molto, bel colore”.

In un momento così piatto della storia viola, questa dichiarazione non può che accendere un barlume di speranza nei tifosi che non sopportano più la gestione Della Valle. Sinceramente sarebbe accolto da molti, ma non da tutti, come un liberatore. Dopo poco più di 70 anni tornerebbe a Firenze il liberatore a stelle e strisce, questa volta nello sport e non nella politica nazionale.

Purtroppo, l’inganno è sempre dietro l’angolo. L’intervista rilasciata al quotidiano da Stillitano non si è fermata agli apprezzamenti che ho riportato sopra, ma continuava così:

“La serie A dovrebbe aprirsi al mercato mondiale. Il pianeta è la nostra casa. Ma le big italiane sono pronte. Se la Nhl gioca in Cina e la Nba va a Londra, il calcio italiano deve giocare le sue grandi partite di campionato all’estero. Io immagino Juventus-Inter o Juventus-Milan a New York, Boston, Toronto. Qui ci sono tanti pronti a mettere tanti soldi”.

Parole pericolose, a mio avviso terrificanti. Se è vero che questo mondo, in tutti i suoi aspetti sta percorrendo il sentiero irreversibile della mondializzazione, è altrettanto vero che per alcune tematiche, tra le quali il calcio, una deriva mondialista porrebbe sul movimento una definitiva pietra tombale.

Se il calcio è l’oppio dei popoli, il calcio deve restare del popolo.

Non sono cieco, ogni stagione cercano di allontanare sempre più la gente dal pallone: lo vediamo nel caro prezzi dei biglietti, nelle misure di sicurezza ad hoc per i tifosi e, più banalmente, nei dati di affluenza negli stadi che certificano il ‘buon’ lavoro svolto dagli speculatori del pallone fino ad oggi.

D’altra parte è altrettanto vero che, chi crede ancora in valori quali aggregazione, identità, amicizia e tradizione, e che spesso e volentieri li ritrova il fine settimana sulle gradinate in Curva, non può chiudere gli occhi davanti a questi pericoli.

Una piccola riflessione, niente più. Per evitare di leggere sempre dei copia-incolla (incompleti e) fini a se stessi.