Effettivamente ad oggi può sembrare fantascienza, ma da tifosi viola abbiamo vissuto un’epoca dove qualsiasi cosa poteva accadere. Il primo senso di onnipotenza che provai da tifoso primo adolescente fu rappresentato dall’arrivo di questo signore qua.
Daniel Alberto Passarella da Chacabuco, paese di circa 40mila anime nel cuore della Pampa. Capitano e leader dell’Argentina Campione del Mondo 1978, bandiera del River Plate per otto anni dove aveva disputato 226 gare segnando 90 (?!?!) reti. Probabilmente il difensore sudamericano più forte fino ad allora. Pontello incaricò l’allora DG Tito Corsi di portarlo in riva all’Arno bruciando la concorrenza di Roma e Real Madrid. Nell’estate del 1982 il 29enne Daniel sbarcava a Firenze. La federazione italiana aveva portato a due il numero di stranieri per squadra ed El Caudillo andava a ritrovare il compagno di nazionale Daniel Bertoni. L’impatto non fu facilissimo, ci fu anche chi rimpianse al suo posto un onesto mestierante come Galbiati. Avevamo appena perso Vierchowood, rientrato alla Samp per fine prestito e subito girato nuovamente in prestito alla Roma dove avrebbe vinto il tricolore, Passarella trova come compagno principale di reparto il giovane Celeste Pin, col quale formerà negli anni un ottimo tandem.
Dopo una stagione di rodaggio Passarella espresse totalmente il suo essere calciatore. Posizione, lettura in anticipo dei movimenti degli avversari, uno stacco di testa mostruoso a dispetto dei suoi 173cm di statura ed un sinistro da ubriacatura molesta. E goal. Tanti. Nella sua ultima stagione in viola addirittura 11, record che rimarrà imbattuto per decenni, e che gli faranno salutare la città con un qualificazione Uefa sul campo del Pisa grazie ad una sua doppietta.
Chiuderà la sua esperienza a Firenze dopo quattro campionati, dopo aver indossato la maglia viola per 109 volte segnando 26 reti, passando all’Inter.